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Seconda Domenica per Annum – B

«Che cercate?» (Gv 1,38).

Andrea e Giovanni, consigliati da Giovanni il Battezzatore, cominciano a seguire Gesù. Il Signore, vedendosi seguito, li provoca chiedendo le ragioni della loro scelta di lasciare il Battista per andare dietro a lui. Gesù non vuole gente a “rimorchio”, ma discepoli consapevoli. Non vuole scimmiette ammaestrate, ma gente che vive di libertà. La domanda è rivolta anche a noi. Cosa o Chi cerchiamo veramente? Bella domanda! Buona domenica.


Ventitreesima Domenica per Annum

«Chi non mi ama più della sua vita, non può essere mio discepolo» (Lc 14,26).

Gesù mette in guardia chi, con troppa facilità e non considerando la radicalità della sequela, si candida a seguirlo. La vita cristiana non è un fatto di un momento, di un’emozione, ma richiede libertà di scelta e perseveranza.  Vogliamo seguire il Signore come un rimorchio segue la motrice o lo vogliamo accanto come il navigatore in una corsa di rally? Buona domenica.


Motrici, rimorchi e corse di rally

XXIII per Annum – 4 Settembre 2022

Prima lettura – Sap 9, 13-18 – Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? Dal Salmo 89: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione. Seconda lettura – Fm 9b-10. 12-17 – Accoglilo non più come schiavo, ma come un fratello carissimo. Vangelo – Lc 14, 25-33 Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Prosegue il cammino del Signore verso Gerusalemme. Gesù, in questo viaggio, è seguito da una grande folla. In tanti pensano che il Maestro di Nazareth sia il messia atteso e il suo viaggio a Gerusalemme sia finalizzato alla conquista del potere politico. E questo, per molti, è veramente un buon motivo per farsi suoi discepoli. Altri seguono Gesù in attesa di vedere segni e miracoli, perché questo strano maestro ex falegname ne fa di tutti i colori. Gesù invece di approfittarne e di cercare di accrescere il consenso dilagante, magari promettendo mari e monti, o divertendosi con gli effetti speciali, riserva a tutti una doccia fredda. Infatti, per nulla lusingato dal successo e dalla popolarità, consapevole del fatto che molti gli vanno dietro solo per motivi superficiali e per interesse, pone tutti di fronte alle esigenze radicali della sequela, per scoraggiare chi si era candidato, con troppa facilità, a seguirlo. Gesù si gira verso la folla per spiegare cosa significa diventare suoi discepoli, cosa significa seguirlo sul serio. «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo» (Lc 14,25-26). Ecco la prima condizione. Il Signore ci dice che per seguirlo dobbiamo pagare un prezzo alto, «rinunciando» alle relazioni più importanti della vita e, addirittura, anche all’istinto primordiale dell’autoconservazione. Parole difficili e pericolose! Tranquilli nulla di pericoloso! Il Signore sta «solo» dicendo: «Sei disposto a preferirmi a tutto, fossero anche le tue relazioni fondamentali? Sei disposto a rinunciare anche alla tua vita, ai tuoi progetti, per seguirmi? Sei disposto a scomodarti, a svegliarti dal letargo, per seguirmi? Sei disposto a seguirmi senza la sicurezza di un legame di sangue?». L’amore per il Signore non esclude gli altri amori, ma li ordina. L’amore per Gesù deve superare ogni altro amore. In una scala di valori, l’amore per il Signore è al primo gradino. «Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo» (Lc 14,27). Ecco la seconda condizione… «Portare la croce» non significa subire silenziosamente i momenti tristi e le sofferenze che la vita ci riserva («Calati juncu ca passa la china – Piegati giunco, che passa la piena del fiume»), non è un invito alla rassegnazione, ma significa scegliere una vita che assomigli a quella di Gesù, significa accettare il disprezzo della società (Chi era condannato a morire in croce era considerato il rifiuto dell’umanità) e la solitudine che spesso la scelta di adesione a Cristo comporta. «prendere la croce» significa anche riconoscere i propri limiti, significa responsabilizzarsi, significa vivere fino in fondo la vita che il Signore ci dona di vivere, significa fare scelte giuste, senz’altro costose e sofferte, ma certamente le più giuste. «Prendere la croce» significa accettare la propria morte, significa lasciare che sia la morte a dare carattere di urgenza alla vita e, insieme, a farci comprendere che la vita non è solo data, ma anche donata. Quando non si pensa alla morte, la vita diventa falsa e menzognera. La morte ci obbliga all’autenticità della vita. «Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo» (Lc 14,33). Questa terza condizione è corredata da due parabole: quella del costruttore della torre e del re che va in guerra. Gesù ci ricorda che per seguirlo è necessario fare i conti con le proprie capacità, bisogna valutare le proprie forze, bisogna ricordarsi che il discepolo non è chiamato solo a iniziare il cammino, ma anche a portarlo a compimento, considerando che non conta la velocità del procedere, ma la perseveranza nell’andare. Parlando di rinuncia a tutto quello che si possiede, il Signore vuole suggerirci che la sicurezza non sta in quello che si ha, ma in quello che si è, in quello che si vuole essere. Non bisogna «attrezzarsi», ma liberarsi delle presunte sicurezze. A questo punto una domanda ci sgorga dal cuore «E chi può essere discepolo a questo modo, con queste condizioni?». È probabilmente meglio, perché più facile, vivacchiare da buoni cattolici semi praticanti. È meglio assumere il cristianesimo in piccole dosi, come fosse un farmaco, per evitare possibili reazioni allergiche. È meglio un Cristianesimo che non costa nulla, quello della sola messa la domenica e poi quando si torna a casa, la vita è sempre la stessa. Eppure Gesù ci dice che essere discepoli è una cosa seria… Chiediamoci se e perché vogliamo essere suoi discepoli… Siamo disponibili a seguirlo mettendo davanti a lui anche i nostri affetti più cari? Siamo disposti a seguirlo anche quando il cammino dovesse farsi duro e insidioso? Siamo disposti ad amarlo senza fare calcoli? La sequela non è fatta per i superficiali, è una scelta di non ritorno! Chiediamoci: «Vado dietro a Cristo come un rimorchio segue la motrice o il Signore è il copilota, il navigatore, nella gara di rally che è la vita?». Quella di seguire il Signore è una proposta tanto sconcertante quanto affascinante, ma certamente solo Dio può colmare la nostra inquietudine, lui solo può riempire il nostro bisogno di infinito. Seguire Gesù è impresa non facile, dura, ma rende felici.