XXXI per Annum – 31 Ottobre ‘21
Prima lettura – Dt 6,2-6: Ascolta, Israele: ama il Signore tuo Dio con tutto il cuore. Dal Salmo 17: Ti amo, Signore, mia forza. Seconda lettura – Eb 7,23-28: Egli, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Vangelo – Mc 12,28b-34: Questo è il primo comandamento, il secondo poi gli è simile.
Per riuscire ad entrare nel Vangelo di oggi, dobbiamo sapere cosa è successo prima. Gesù è riuscito a sfuggire a due domande trabocchetto, di quelle fatte solo per farti cadere o per farti fare una figuraccia. A fare la prima domanda sono stati un gruppo di farisei e di erodiani (come dire il diavolo e l’acqua santa…) che avvicinandosi gli hanno chiesto: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?» (Mc 12,14). Una domanda semplice, apparentemente innocua, ma in realtà un bel trabocchetto, una domanda micidiale, una bella mela avvelenata! Comunque vada, Gesù è con le spalle al muro! Se il Maestro risponderà «Sì!», potranno accusarlo di essere nemico della sua gente e collaborazionista dei romani; se risponderà «No!» potranno accusarlo di essere un sovversivo anarcoinsurrezionalista e potranno denunciarlo ai romani. La risposta di Gesù è semplice ma incisiva. Si dice dalle nostre parti: «Parra muoddu e mpiccica ruru – Parla morbido e attacca duro». «Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22,21). Da restare senza fiato! Gesù dice «Non fate confusione… Non mescolate le cose». Non sta dicendo che bisogna fare «fifty/fifty» tra Cesare e Dio, ma sta dicendo che è necessario occuparsi prima del «di dentro», del progetto di Dio, il resto verrà di conseguenza, che è importante occuparsi prima delle cose ultime perché le cose penultime siano trasformate. Il Maestro ci sta suggerendo di riconoscere la signoria di Dio nella nostra vita per vivere con un’assunzione di responsabilità per non essere disincarnati. La seconda domanda gli è stata posta dai sadducei, che non credevano nella risurrezione dei morti e lo interrogano proprio su questo, sulla risurrezione dei morti. Anche in questo secondo caso Gesù se l’era cavata egregiamente: «Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe, non è Dio dei morti, ma dei viventi! Voi siete in grave errore» (Mc 12,25s). Dinanzi a uno che parla così e che riesce a svincolarsi con tanta facilità da ogni attacco, non si può non restare incantati. Ed viene quasi naturale chiedergli qualcosa, chiedergli qualcosa di importante. E uno scriba non si lascia scappare l’occasione: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?» (Mc 12,28). Sembra una domanda banale, ma non lo è affatto. Tutto per i Farisei è diventato sterile osservanza di precetti. Vivevano per la Legge, cercavano di capirla, studiarla, interpretarla e interpretandola l’avevano trasformata in un manuale d’istruzione pesantissimo, insopportabile (avete presente quei manuali d’istruzioni noiosissimi che si trovano in certi elettrodomestici?). Pensate che partendo dai 10 comandamenti, li avevano trasformati in 613 norme (365 proibizioni, una al giorno, e 248 precetti, uno per ogni osso umano)! Quindi quell’uomo sta facendo una domanda veramente interessante: «Quale è la cosa importante, anzi la più importante per la vita di tutti i giorni? Per cosa vale la pena vivere?». Si capisce subito che lo scriba è uno in ricerca, un cercatore di Dio. Vuole sapere come potere incontrarlo. Gesù, da buon ebreo, conoscitore della Scrittura, rimanda lo scriba a due testi della Parola di Dio: Il primo è: «Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi» (Mc 12,29-31). Bravo Gesù! Risposta esatta, perfetta. Nulla da aggiungere o da togliere. Ma attenzione, lo scriba aveva chiesto un comandamento, il maestro ne ha dati due, perché? Perché il comandamento dell’amore di Dio si fa’ tutt’uno con quello dell’amore al prossimo. Gesù ha risposto in modo prevedibile, ma è andato all’essenziale. Gli ha appena donato il Bignami della Scrittura: non sforzarti di fare mille cose, di compiere mille sacrifici, basta una cosa, solo una, Amare. Per essere felici, l’unica strada è Amare. «Amerai il Signore…» (Mc 12,29). Ma come? Ci hanno riempito la testa che il Cristianesimo è una proposta, che il nostro Dio non si impone, ma si propone e ora Gesù ci comanda di amare Dio? Ma, poi, si può comandare di amare qualcuno? L’amore è scelta di libertà, è sentimento, è emozione. La risposta è semplice e la da Gesù stesso: «Ascolta, Israele», cioè: «Ascolta, Israele, c’è forse qualcuno che ha fatto per te le cose che ha fatto il tuo Dio? E quindi, di conseguenza, non puoi non amarlo! Non ti accorgi quanto Dio ti ama? E allora ama perché sei immensamente amato, ama come riesci, come puoi». «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza» (Mc 12,30), in altre parole con tutto noi stessi. Il Signore si premura di ricordarcelo perché sa che potremmo amare Dio con la sola mente, riconoscendo che esiste, che Gesù è venuto a salvarci, ma senza che nella nostra vita cambi nulla, continuando a vivere come se Dio non ci fosse. Potremmo amare Dio solo con il cuore, con tanto sentimentalismo, commuovendoci per la bontà di Dio, stando bene in chiesa dalla mattina alla sera, ma con la vita che resta lontana anni luce dal Vangelo, senza il coraggio di riconoscersi apertamente cristiani. Potremmo amare Dio solo con le nostre forze, facendo tante cose che ci fanno sentire «a posto», sforzandoci di essere persone corrette, ma con l’anima che resta lontana e non sentendoci né felici, né amati da Dio. «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Mc 12,33). È scandaloso che Gesù metta l’amore per Dio sullo stesso piano dell’amore per il prossimo. Il Maestro sta dicendo l’inscindibilità dei due comandamenti: amare Dio è pura astrazione se non si esprime nell’amore ai fratelli. Dio non se ne fa’ nulla del nostro amore, se non si manifesta verso i fratelli. Non posso dire di voler bene ad un amico se poi vado sotto casa e gli distruggo la macchina! Gesù sta dicendo pure che non c’è differenza tra i due comandamenti, sono due facce della stessa medaglia. Ma non sono intercambiabili, non si possono usare come cartucce compatibili. Devono esserci entrambi. Ma che significa «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Mc 12,33)? Significa forse che dobbiamo andare in giro ad abbracciare e baciare tutti? Oppure che dobbiamo andare in giro a dire a tutti: «Ti amo o T.V.B.»? No, tranquilli, amici, non corriamo il rischio di finire catalogati come matti! Gesù ci dice come fare: «Ama gli altri come ami te stesso» (Cfr Mc 12,33). In altri termini, ama gli altri come ami te stesso, riconoscendo che tu e gli altri siete dei capolavori, dei pezzi unici, pensati dall’eternità. «Ama e fa’ ciò che vuoi» diceva Agostino. Ama sapendo che «l’amore ha l’amore come solo argomento» diceva Fabrizio de Andrè.