Archivi del mese: dicembre 2021

Quarta Domenica di Avvento

«Beata colei che ha creduto che le parole del Signore si compiono!» (Lc 1,45).

La grandezza di Maria consiste nella sua fede,nel suo aderire con tutta se stessa alla promessa di Dio, nel suo saper “fare spazio” dentro di sé al Dio Bambino. Il Signore che viene possa trovare spazio nel tuo cuore, facendo di te un’occasione di gioia e di salvezza per chiunque incontrerai. Buona IV di Avvento.


Istruzioni per l’uso

III di Avvento – 12 Dicembre ‘21

Prima lettura – Sof 3,14-17: Il Signore esulterà per te con grida di gioia. Cantico da Is 12,2-6: Canta ed esulta, perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele. Seconda lettura – Fil 4,4-7: Il Signore è vicino. Vangelo – Lc 3,10-18: E noi che cosa dobbiamo fare?

Siamo già alla III di Avvento. È la nostra terza tappa, il terzo step nel nostro cammino verso il Natale. Non perdiamo colpi, mi raccomando, per non rischiare di trovarci alla vigilia di Natale impreparati. Se ricordate nella I di Avvento, il Signore (Lc 21,25-28.34-36) ci ha detto di «Fare attenzione» e di «Vigilare» per cogliere i segni della sua presenza nel mondo; nella II di Avvento (Cfr. Mc 1,1-8), invece, Giovanni il Battezzatore (Lc 3,1-6) ci ha suggerito di «preparare la via al Signore», di fare, cioè, spazio a Dio nel nostro cuore. Oggi, sempre Giovanni il Battezzatore ci propone precisi cammini di conversione, per prepararsi all’incontro con il Signore. La III domenica di Avvento è domenica Gaudete, della gioia. E la parola gioia collega tutte le letture. La gioia cristiana non è semplice spensieratezza, divertimento o assenza di preoccupazioni, ma consapevolezza che nelle angustie dell’esistenza, non siamo abbandonati. La gioia cristiana nasce da quella fede che percepisce presente il Signore. Ma come si fa a essere contenti, a essere nella gioia in un momento storico come il nostro in cui tutti ci grida tristezza e dolore? Le tre letture ci dicono quale è il motivo della nostra gioia. Sofonia (è con gli israeliti in diaspora a Babilonia) dice: «Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te, anzi nelle tue viscere come un bambino nella pancia della mamma» (Sof 3,17). Paolo (è in catene a Roma) dice: «Siate lieti. Il Signore è vicino!» (Fil 4,4-5). E Giovanni dice: «Viene colui che è più forte di me». Il Signore è qui, allora… e questo ci dice che nonostante tutto, nonostante l’avvenire ci preoccupi, noi dobbiamo essere felici perché siamo stati salvati. Nel Vangelo di oggi, Giovanni chiede conversione, cioè un concreto mutamento di comportamento, a quanti si recano da lui, nel deserto per interrogarlo su come prepararsi all’incontro con il Messia. Per ben tre volte il Battista si sente chiedere: «Che cosa bisogna fare?». La domanda non è per nulla superficiale. Nasce, infatti, nel cuore di coloro che si confrontano con il Battista, un uomo radicale nelle parole e nei fatti. È la domanda che, in fondo, alberga nel cuore di tutti gli uomini ogni qualvolta si domandano come realizzare la propria vita. In molti vorrebbero sapere da Giovanni cosa bisogna fare per essere credenti autentici. Forse qualcuno vorrebbe una serie di precetti da seguire, un vademecum da rispettare, un libretto d’istruzioni da imparare a memoria. Giovanni potrebbe scrivere un bel libro dal titolo «Conversione: Istruzioni per l’uso»! In realtà sappiamo che il dovere o è conseguenza dell’essere o non serve a niente. Dio non sa che farsene di scimmiette ammaestrate. E forse il Battezzatore delude un po’ le attese, dando delle risposte apparentemente banali, consigli spiccioli: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto» (Lc 3,11), cioè suggerisce la condivisione di ciò che si ha ma anche di ciò che si è; «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato» (Lc 3,11), cioè la non pretesa, il non esigere dagli altri ciò che essi non possono e non devono darci; «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe» (Lc 3,11) cioè il non abusare della propria forza. Tutto qui? Si resta un po’ delusi. Sembra strano, ma alla fine ci si accorge che la conversione non esige gesti straordinari, ma una serie di scelte concrete che mettono in gioco la vita e un comportamento per ogni giorno dell’anno, per tutte le stagioni. Accogliere il Signore nella propria vita non vuol dire perdersi nel guardare al cielo e disinteressarsi della terra, ma fare bene ciò che si è chiamati a fare, facendolo con gioia e semplicità.


Terza domenica di Avvento

«Che cosa dobbiamo fare?» (Lc 3,10).

Giovanni il battezzatore ci ricorda oggi che non basta dirsi cristiani per esser dispensati da un autentico cammino di conversione. Chiediamo pure noi a Giovanni: “Che cosa dobbiamo fare?”. Ognuno riceverà una risposta e si accorgerà che la conversione non esige gesti straordinari, ma scelte concrete che mettono in gioco la vita. Buona III d’Avvento.


Seconda Domenica di Avvento

«Preparate la via del Signore» (Lc 3, 4).

Avvento è tempo in cui ci è chiesto di accorgerci di Dio, di preparargli la strada, di spalancargli il cuore. “Si, ma quando torna? È da 2000 anni che aspettiamo il ritorno!”. Attenti a non scambiare la pazienza di Dio per un ritardo. “Dio è tardariello ma nun è scurdariello” dicono a Napoli. Dio pazienta perché possiamo convertirci. Cogliamo la sua pazienza come opportunità per sperimentare ancora la sua tenerezza. Buona II d’Avvento.


Dio è tardariello ma nun è scurdariello

II di Avvento – 5 Dicembre ‘21

Prima lettura – Bar 5,1-9: Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura. Dal Salmo 125: Grandi cose ha fatto il Signore per noi. Seconda lettura – Fil 1,4-6.8-11: Siate integri e irreprensibili per il giorno di Cristo. Vangelo – Lc 3,1-6: Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

Come è andata la prima settimana di Avvento? Siamo riusciti a vegliare? A essere vigilanti? Ci siamo stropicciati gli occhi, sciacquati la faccia? Abbiamo tenuto gli occhi aperti e siamo stati attenti alle persone? Oggi si apre una nuova tappa del nostro cammino di Avvento. È il nuovo step, il secondo livello: «Preparate le vie del Signore» (Lc 3,4). È invito alla conversione, a fare spazio a Dio nella vita, nel nostro cuore. È appello a vivere una vita più sobria, più essenziale, stando attenti a difenderci dalla pubblicità che trasforma i nostri sogni in bisogni. « Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizione, rivèstiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre» (Bar 5,1). Dio, per bocca di Baruc infonde speranza, consolazione a Israele. Le condizioni del popolo sono drammatiche. Il popolo è esiliato in Babilonia, è schiavo di Nabucodonosor. È un popolo scoraggiato, sono ormai trascorsi quarant’anni da quando era stato portato via da Gerusalemme in fiamme. «Dove sono finite le promesse di Dio? Anzi, dove è finito Dio?» si chiedono gli israeliti. E Baruc profetizza: «Non cedete alla disperazione! Fate un cammino di conversione. Ritornate a Dio. La svolta non sia solo esteriore, ma anche nell’essere». Il Vangelo ci presenta oggi Giovanni il battezzatore. «Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto» (Lc 3,1-2). Perché l’evangelista Luca perde tempo a descriverci la situazione geo-politica del tempo in cui Giovanni il Battezzatore inizia la sua predicazione? Semplicemente perché ci tiene a dimostrare che non è corso dietro alle favole, ma che il Vangelo si fonda su solide basi. Quando Luca scrive ci sono molte voci che dicono che i fatti a proposito di Gesù siano solo favolette inventate dagli apostoli e siccome l’evangelista non vuole che la storia del Maestro di Nazareth sia liquidata come uno dei tanti miti presenti nella letteratura dell’epoca, in cui si parlava di divinità nate dall’unione tra una vergine e una divinità, cerca di essere dettagliato e preciso dal punto di vista storico. La venuta del Signore è una cosa concreta, una realtà che entra nella storia reale dell’uomo. Giovanni il battezzatore non è per noi un emerito sconosciuto. Il Vangelo ci parla della sua prodigiosa nascita da Elisabetta vecchia e sterile, della grande festa che segue alla sua nascita. Poi cala il silenzio. Oggi lo ritroviamo, cresciuto, nei pressi del fiume Giordano. Siamo tra il 27 e il 28 dopo Cristo È l’ultimo grande profeta, il trait d’union tra Primo e Secondo Testamento. Non è un grillo parlante che dice e poi non vive. È un grande profeta, di quelli che danno fastidio, che scuotono come uno schiaffo in faccia. Ha deciso di dedicare la sua vita a «preparare la strada». Giovanni non è un trascinatore di folle, non vuole fondare partiti o movimenti. Grida «solo» e chiede l’impegno di fronte al Signore. Chiede a chi va’ da lui al Giordano di cambiare il modo di vivere, per far corrispondere al dato esteriore, l’immersione nelle acqua del fiume, al dato interiore, il cambiare tutto ciò che non è secondo Dio. «Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!» (Lc 3,4). Giovanni, nel deserto, alza la voce e grida facendo sue le parole di Isaia: «Non cedete alla disperazione! Rifate un cammino di conversione. Ritornate a Dio. Preparate una strada nella sabbia, cioè non omologatevi alle vie facili che il mondo vi propone. Abbassate le colline dell’orgoglio e dell’autosufficienza. Guarite dall’ALTRITE, dalla convinzione che a sbagliare siano solo gli altri e che se sbagliate voi è comunque per colpa altrui». Spesso capita di sentire lamentele su una Chiesa non profetica, dell’assenza di profeti attorno a noi. Dovremmo forse chiederci se non si tratti in realtà una incapacità ad ascoltarli, i profeti che stanno attorno a noi. Forse perché ci scuotono, ci disturbano, ci rompono le scatole, ci chiamano a cambiare vita, ci dicono di convertirci. Ma cosa è la conversione? È girare la nostra attenzione verso il Signore, rifiutando il peccato che invece svia la nostra attenzione dal Signore, facendoci mettere al primo posto altre cose. È scegliere il bene e rinunciare al male. È sempre impresa ardua scegliere tra bene e male e oggi lo è ancora di più… Viviamo nel pluralismo etico, si spaccia per oro colato la «munnizza». «Rubare? Lo fanno tutti… E poi loro si sono mangiati i miliardi!». «Tradire? Può succedere… La carne è debole!». Siamo arrivati a dire che ciò che è male può essere bene e ciò che è bene può essere male. Si vogliono stravolgere il bene e la Verità che è una, sempre e dovunque. Conversione è essere certi che c’è una nuova chance per ognuno, una possibilità per tutti. Avvento è attesa del Signore. È tempo in cui ci è chiesto di accorgerci di Dio, di preparargli la strada, di spalancargli il cuore. «Si, ma quando torna? È da 2000 anni che aspettiamo il ritorno!». Attenti a non scambiare la pazienza di Dio per un ritardo. «Dio è tardariello ma nun è scurdariello» dicono a Napoli. I tempi di Dio non sono i nostri tempi. Dio pazienta perché possiamo convertirci, pazienta perché vuole tutti salvi, interviene con discrezione. Cogliamo quindi la pazienza di Dio come opportunità di conversione, per esperimentare ancora la tenerezza di Dio. Cari amici, la conversione non è evento speciale da riservare a situazioni di difficoltà o a momenti specifici, ma è esigenza continua nella vita del cristiano. E la conversione deve essere decisiva. Non è solo un passare da una vita dissoluta a una vita virtuosa, ma anche dalla visione che di Dio abbiamo, alla visione reale di Dio. Lasciamoci conquistare dal desiderio di Maria per prepararci ad accogliere Gesù.