Archivi del mese: giugno 2023

Dodicesima Domenica per Annum

«Non abbiate paura» (Mt 10,28).

Come fosse il ritornello di una canzone, per ben tre volte nel Vangelo di oggi, Gesù invita a non avere paura di niente e di nessuno.
Come si fa a non avere paura, specie vedendo tanto male, tanta violenza e tanta cattiveria intorno a noi?
Non si tratta di avere Coraggio, ma si tratta di avere Fede, si tratta, cioè, di sapere che, qualunque cosa si possa vivere, a prescindere da quello che possa succedere, nulla accade nell’assenza del Signore.
Scopriamoci preziosi agli occhi di Dio e cantiamo con Jovanotti: “Io lo so che non sono solo, neanche quando sono solo!”.


Undicesima Domenica per Annum

«La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai» (Mt 9,37).

Molti sono quelli che attendono una parola di speranza, ma sono pochi quelli che la offrono. Il Signore non smette di chiederci di “dargli una mano” per dire in giro la speranza e per migliorare la brutta idea che di Lui, anche “grazie” a noi, in molti si sono fatti. Pronti a dare la disponibilità?


Corpus Domini

«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui» (Gv 6,56).

Gesù ha promesso di restare per sempre presente nel cuore della storia. La domenica del Corpus Domini ci conferma che il Signore ha mantenuto questa promessa. È straordinario il nostro Dio, capace di racchiudersi in un pezzo di pane e in un sorso di vino, disposto a farsi masticare e digerire! Accostandoci a quel pane, ricordiamoci che ci incontriamo con Gesù “di pirsona pirsonalmente” e che è solo grazie a quel pezzo di pane, se non siamo “morti di fame”, lungo i deserti della vita, riuscendo a dare senso alle nostre quotidianità. Buona domenica del Corpus Domini.


Domenica del Corpus Domini

«Questo è il mio corpo… Questo è il mio sangue»

Queste parole le abbiamo sentite tante di quelle volte che forse non ci stupiscono più. Eppure sono veramente importanti. Dicono il modo che il Signore si è inventato per restare con noi, per sempre! È straordinario il nostro Dio, capace di racchiudersi in un pezzo di pane, disposto a farsi masticare e digerire! Accostandoci a quel pane, ricordiamoci che ci incontriamo con Gesù “di pirsona pirsonalmente” e che è solo grazie a quel pezzo di pane, se non siamo “morti di fame” lungo i deserti della vita, riuscendo a dare senso ai nostri giorni. Buona domenica del Corpus Domini.


Il Dio dei cristiani? Un pezzo di Pane!

Corpus Domini – 11 Giugno 2023

Prima lettura – Gen 14,18-20: Offrì pane e vino. Dal Salmo 109: Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore. Seconda lettura – 1Cor 11,23-26: Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore. Vangelo – Lc 9,11-17: Tutti mangiarono a sazietà.

Celebriamo oggi la solennità liturgica del Corpo e Sangue di Gesù. È una festa parecchio antica, risale al XIII secolo ed è nata perché la Chiesa non perdesse lo stupore dinanzi al pane eucaristico e potesse esprimere la sua gratitudine a Dio per il dono di quel pane. Purtroppo l’abitudine copre di grigio e di polvere anche le cose più belle e più grandi. Il Corpus Domini ci aiuta a togliere la coltre dell’abitudine e ci fa cogliere in un pezzo di pane (cosa c’è di più banale?) il nostro Dio. Abbiamo appena ascoltato il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci: si tratta di un’anticipazione di ciò che avverrà nell’ultima cena. Gesù ha mandato i suoi in missione e al ritorno gli apostoli gli raccontano tutto quello che è accaduto, gli fanno un resoconto, il riassunto (Cfr. Lc 9,10). Il Signore con tanta tenerezza li porta in disparte, per restare da solo con loro e perché si possano riposare. Ma le folle si mettono sulle sue tracce e «Gesù le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure» (Lc 9,11). Ben presto giunge la sera e i Dodici «fanno tornare» Gesù sulla terra suggerendogli di salutare la gente: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta» (Lc 9,12). I discepoli sembrano dire «Bravo! Bravissimo! Sei riuscito a catalizzare l’attenzione di tutti, hai guarito qualcuno, hai risolto problemi, ma ora è tardi e questi tizi devono pur mangiare. In zona, come vedi non c’è molto, non ci sono centri commerciali, né posti per mangiare, congedali, consigliagli di togliersi di torno e di andare a cercarsi qualcosa da mangiare!». Quante volte anche a noi ci assale la tentazione «dell’ognuno pensi a se stesso»? Quello che stupisce è che proprio quelli che erano i fedelissimi della prima ora, i più stretti collaboratori, mancano di fiducia. Quel giorno, in quel deserto a mancare non è solo il pane da mangiare, ma anche e soprattutto la fede da vivere. I discepoli restano prigionieri del loro senso pratico del calcolo umano: «è impossibile organizzare un pasto per tutte queste persone!». Anche noi siamo come i discepoli. Andiamo a messa la domenica, ripetiamo diverse volte «Sì, lo credo» (questo il significato di «Amen») ma poi uscendo dalla Chiesa siamo di nuovi realisti, asfaltati di abitudine, vittime del nostro pragmatismo. Pensiamo che i nostri problemi non hanno soluzioni e ci lamentiamo di tutto e di tutti. Finiamo con dire la fede con le parole, ma poi non mostriamo un minimo di fiducia nella presenza del Signore nelle nostre esistenze. «Gesù disse loro: “Voi stessi date loro da mangiare”» (Lc 9,13). «Bravi voi!», dice Gesù, «Volete lavarvi le mani? E bravi i miei pilati! Volete sottrarvi alle vostre responsabilità?». I discepoli hanno trovato lo stesso alibi che tutti noi siamo capaci di trovare quando ci si parano davanti situazioni difficili: «Sono problemi troppo grandi, superiori alle nostre forze, siamo poca cosa e non siamo capaci di trovare soluzioni. Siamo poca cosa e non abbiamo che briciole». «Voi stessi date loro da mangiare» (Lc 9,13). Gesù vuole coinvolgerli, li esorta a fidarsi di lui e di loro stessi. Il Maestro vuole rivelare come Dio vorrebbe il mondo, un mondo dove al comperare va sostituito il condividere. «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente» (Lc 9,13). «E no, caro amico! Troppo facile così! Noi abbiamo bisogno di un Dio che ci risolve i problemi, un Dio a cui “scavallare” le nostre preoccupazioni. Non un Dio che ci chiede collaborazioni». E invece… il nostro Dio è proprio differente! Gesù dà valore anche alle nostre briciole, al poco che siamo e abbiamo. Il nostro poco che è e resta poco rispetto alle necessità, nelle mani di Dio diventa sufficiente. Gesù ci dice che dinanzi a Dio di nulla possiamo vantarci se non della nostra povertà! «Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste» (Lc 9,17). Alla fine, a fidarsi, non si resta a mani vuote! Probabilmente, ascoltando questo racconto ci chiediamo: «Perché Dio non continua a fare anche oggi moltiplicazioni per dare da mangiare agli affamati di pane, di senso, di felicità?». La risposta di Gesù è disarmante: ci dice che l’operazione da fare non è la moltiplicazione, ma la divisione, la condivisione, ci dice che ha bisogno di noi, ci dice che è solo mettendo nelle sue mani le nostre briciole, il poco che siamo e abbiamo, che lui potrà sfamarci tutti, sul serio. Oggi festeggiamo l’Eucaristia, festeggiamo Gesù Eucaristia. L’Eucaristia non è un «oggetto»; non è un «qualcosa» da guardare estatici, immobili, magari lievitando a tre metri dal suolo; non è una «cosa» da ricevere; non è uno dei tanti reperti archeologici che affollano le nostre Chiese. In «quel pezzo di Pane», c’è la presenza vera di Gesù. Non un pane che diventa Cristo, ma Cristo che si fa pane. È solo grazie a quel «pezzo di Pane», se non siamo «morti di fame» lungo i deserti della vita, riuscendo a dare senso alle nostre quotidianità. L’Eucarestia è innanzitutto un fare memoria, una terapia contro la dimenticanza, una consapevole ed energica scossa che ci permette di rientrare in noi stessi per trovare, in noi stessi, il sorriso di Dio, per scoprire in noi tutto quello che il Signore continua a fare per noi. Nonostante tutto. «Questo è il mio corpo (…) il mio sangue» (1Cor 11,24.25). Forse queste parole che Paolo scrive ai cristiani di Corinto, le abbiamo sentite tante altre volte e non ci stupiscono più di tanto. Eppure, se le ascoltiamo bene, sono davvero impressionanti! Se uno venisse a dirci che dobbiamo mangiare il suo corpo e bere il suo sangue, lo prenderemmo per pazzo! Non siamo mica dei cannibali! Ma il Signore non ci sta dicendo di trasformarci in cannibali! Ci sta parlando del modo stupendo che Lui stesso si è «inventato» per restare sempre sempre con noi! Il Pane e il Vino consacrati sono il cibo di cui dobbiamo nutrirci per essere in comunione con il corpo e il sangue di Gesù. Di solito, per indicare che ci siamo accostati all’Eucaristia, diciamo: «Ho fatto la comunione», cioè sono unito profondissimamente al Signore, sono in comunione con Lui! Tutti noi che, partecipando alla celebrazione eucaristica, ci nutriamo del Pane e del Vino, stiamo partecipando alla festa che Gesù ha preparato per noi. Ci stiamo nutrendo del suo corpo e del suo sangue, e si spalanca davanti a noi la luce della vita eterna! Certo che Gesù ha avuto davvero una fantasia meravigliosa nell’inventare l’Eucaristia! Chissà quante volte avete sentito una mamme dire al proprio bimbo: «Ti mangio! Ti mangio di baci!». Il Signore Gesù vuole che in noi ci sia una forza d’amore grande così, per poter dire anche noi: «Sì, Signore, ti voglio talmente bene che ti mangio! Ti tengo dentro di me, così siamo insieme, profondissimamente insieme, senza che niente al mondo ci possa separare!». Il filosofo materialista ateo Feuerbach, intitolò una sua famosa opera del 1862, Il mistero del sacrificio o l’uomo è ciò che mangia. Senza saperlo (e certamente senza volerlo…) ha dato un’ottima definizione dell’Eucaristia. Grazie all’Eucaristia, l’uomo diventa davvero ciò che mangia, cioè corpo di Cristo! Quando noi mangiamo, il cibo che assumiamo, per un processo biologico che si chiama assimilazione, diventa carne della nostra carne e sangue del nostro sangue. Nel caso dell’Eucaristia avviene qualcosa di simile ma con «qualche» variazione: mangiando quel «pezzo di Pane», Dio si fa’ cellule del nostro corpo, si trasforma in noi, ma, cosa ancora più straordinaria, siamo noi ad essere assimilati a Cristo, siamo noi a essere trasformati in Lui. Preghiamo per la nostra conversione. Preghiamo perché non «cosifichiamo» l’Eucaristia. Preghiamo perché possiamo renderci conto di quanto sia straordinario il nostro Dio, capace, per amore dell’uomo, di rincantucciasi in un tozzo di pane e in un sorso di vino, un Dio che diventa semi triturati e succo di acini lasciato a fermentare, un Dio che si fa masticare e digerire. Preghiamo perché il Pane di Dio, il Pane del cammino sia pungolo per farci essere discepoli più autentici e veri. Preghiamo perché accostandoci tra poco all’Eucaristia, ci rendiamo conto dell’enormità che ci sta accadendo: non siamo noi a cercare Dio, ma è Lui che corre incontro a noi. Amen.


Siamo ciò che mangiamo? Magari!

Corpus Domini – 11 Giugno 2023

Prima lettura – Es 24,3-8: Ecco il sangue dell’alleanza che Dio ha concluso con voi. Dal Salmo 115: Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore. Seconda lettura – Eb 9,11-15: Il sangue di Cristo purificherà la nostra coscienza. Vangelo – Mc 14,12-16.22-26: Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue.

Celebriamo oggi la solennità liturgica del Corpo e Sangue di Gesù. È una festa parecchio antica, risale al XIII secolo ed è nata perchéla Chiesanon perdesse lo stupore dinanzi al pane eucaristico e potesse esprimere la sua gratitudine a Dio per il dono di quel pane. Oggi le letture hanno un unico tema: l’alleanza. Nella prima lettura , presa dal libro dell’Esodo, si parla della’Alleanza stipulata da Dio con Israele, dopo la liberazione dall’Egitto. Dio e il suo popolo si legano in modo indissolubile, attraverso l’aspersione con il sangue. Nella cultura ebraica, il sangue contiene e ne è il simbolo. In altri termini, dopo che il popolo è stato asperso con il sangue dell’alleanza, tra il Signore e Israele circola lo stesso sangue, c’è una reciproca appartenenza. Il tema dell’alleanza ritorna anche nella seconda lettura, tratta dalla lettera agli Ebrei. L’autore sacro presenta Gesù come mediatore di un’alleanza nuova tra Dio e il suo popolo, realizzatasi stavolta non più nel sangue di animali, ma nel sangue di Cristo. E giungiamo al Vangelo… Marco ci conduce nel Cenacolo, a Gerusalemme. Siamo alla vigilia della Pasqua ebraica e Gesù sa che di lì a poco verrà arrestato e ucciso, ne ha piena consapevolezza. I suoi, invece, non lo sanno, non riescono a cogliere le gravità del momento. «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?» (Mc 14,12). In questa domanda posta da qualcuno dei discepoli si coglie tutto il distacco che c’è tra Gesù e i suoi. Il Signore vorrebbe associarli a sé, sentire la loro vicinanza, i discepoli, invece, stanno consumando lentamente il loro abbandono. I discepoli stanno per partecipare alla celebrazione della prima Eucaristia della storia, ma non riescono proprio a farsi coinvolgere dal gesto di donazione totale del Maestro. Questo ci dovrebbe fare pensare parecchio… Non basta quindi partecipare o celebrare un’Eucaristia per essere vicini a Gesù, ma bisogna lasciarsi coinvolgere nel gesto di offerta del Signore. Oggi festeggiamo l’Eucaristia, festeggiamo Gesù Eucaristia. Non è un oggetto l’Eucaristia; non è un qualcosa da guardare estatici, immobili, magari lievitando a tre metri dal suolo; non è uno dei tanti reperti archeologici che affollano le nostre Chiese. In «quel pezzo di Pane», c’è la presenza vera di Gesù. È solo grazie a quel «pezzo di Pane», se non siamo «morti di fame» lungo i deserti della vita, riuscendo a dare senso alle nostre quotidianità. L’Eucarestia è innanzitutto un fare memoria, una terapia contro la dimenticanza, una consapevole ed energica scossa che ci permette di rientrare in noi stessi per trovare, in noi stessi, il sorriso di Dio, per scoprire in noi tutto quello che il Signore continua a fare per noi. Nonostante tutto. «Questo è il mio corpo (…)Questo è il mio sangue» (Mc 14,22.24). Forse queste parole del Vangelo le abbiamo sentite tante altre volte e non ci stupiscono più di tanto. Eppure, se le ascoltiamo bene, sono davvero impressionanti! Se uno venisse a dirci che dobbiamo mangiare il suo corpo e bere il suo sangue, lo prenderemmo per pazzo! Non siamo mica dei cannibali! Ma il Signore non ci sta dicendo di trasformarci in cannibali! Ci sta parlando del modo stupendo che Lui stesso si è «inventato» per restare sempre sempre con noi! Il Pane e il Vino consacrati sono il cibo di cui dobbiamo nutrirci per essere in comunione con il corpo e il sangue di Gesù. Di solito, per indicare che ci siamo accostati all’Eucaristia, diciamo: «Ho fatto la comunione», cioè sono unito profondissimamente al Signore, sono in comunione con Lui! Tutti noi che, partecipando alla celebrazione eucaristica, ci nutriamo del Pane e del Vino, stiamo partecipando alla festa che Gesù ha preparato per noi. Ci stiamo nutrendo del suo corpo e del suo sangue, e si spalanca davanti a noi la luce della vita eterna! Certo che Gesù ha avuto davvero una fantasia meravigliosa nell’inventare l’Eucaristia! Chissà quante volte avete sentito una mamme dire al proprio bimbo: «Ti mangio! Ti mangio di baci!». Il Signore Gesù vuole che in noi ci sia una forza d’amore grande così, per poter dire anche noi: «Sì, Signore, ti voglio talmente bene che ti mangio! Ti tengo dentro di me, così siamo insieme, profondissimamente insieme, senza che niente al mondo ci possa separare!». Il filosofo materialista ateo Feuerbach, intitolò una sua famosa opera del 1862, Il mistero del sacrificio o l’uomo è ciò che mangia. Senza saperlo (e certamente senza volerlo…) ha dato un’ottima definizione dell’Eucaristia. Grazie all’Eucaristia, l’uomo diventa davvero ciò che mangia, cioè corpo di Cristo! Quando noi mangiamo, il cibo che assumiamo, per un processo biologico che si chiama assimilazione, diventa carne della nostra carne e sangue del nostro sangue. Nel caso dell’Eucaristia avviene qualcosa di simile ma con «qualche» variazione: mangiando quel «pezzo di Pane», Dio si fa’ cellule del nostro corpo, si trasforma in noi, ma, cosa ancora più straordinaria, siamo noi ad essere assimilati a Cristo, siamo noi a essere trasformati in Lui. Cari amici, preghiamo per la nostra conversione. Preghiamo perché non «cosifichiamo» l’Eucaristia. Preghiamo perché possiamo renderci conto di quanto sia straordinario il nostro Dio, capace, per amore dell’uomo, di rincantucciasi in un tozzo di pane e in un sorso di vino, un Dio che diventa semi triturati e succo di acini lasciato a fermentare, un Dio che si fa masticare e digerire. Preghiamo perché il Pane di Dio, il Pane del cammino sia pungolo per farci essere discepoli più autentici e veri. Preghiamo perché accostandoci tra poco all’Eucaristia, ci rendiamo conto dell’enormità che ci sta accadendo: non siamo noi a cercare Dio , ma è Lui che corre incontro a noi. Amen.


Più di così non si può vivere un amore!

Corpus Domini – 11 Giugno 2023

Prima lettura – Dt 8,2-3.14b-16: Ti ha nutrito di un cibo, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto. Dal Salmo 147:Loda il Signore, Gerusalemme. Seconda lettura – 1Cor 10,16-17: Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo. Vangelo – Gv 6,51-58: Il mio sangue è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Celebriamo oggi la solennità liturgica del Corpo e Sangue di Gesù. È una festa parecchio antica, risale al XIII secolo ed è nata perché la Chiesa non perdesse lo stupore dinanzi al pane eucaristico e potesse esprimere la sua gratitudine a Dio per il dono di quel pane. Purtroppo l’abitudine copre di grigio e di polvere anche le cose più belle e più grandi. Il Corpus Domini ci aiuta a togliere la coltre dell’abitudine e ci fa cogliere in un pezzo di pane (cosa c’è di più banale?) il nostro Dio.

«Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28,20), con queste parole, alla fine del Vangelo di Matteo, Gesù ci ha promesso che sarebbe rimasto per sempre presente nel cuore della storia. La domenica del Corpus Domini ci conferma che il Signore, quella promessa l’ha mantenuta: in un piccolo pezzo di pane ci sono il suo corpo e il suo sangue. Anzi la festa del Corpus Domini è nata per aiutarci a prendere coscienza della presenza di Cristo in mezzo a noi

Oggi festeggiamo l’Eucaristia, festeggiamo Gesù Eucaristia. Non è un oggetto l’Eucaristia; non è un qualcosa da guardare estatici, immobili, magari lievitando a tre metri dal suolo; non è uno dei tanti reperti archeologici che affollano le nostre Chiese. In «quel pezzo di Pane», c’è la presenza vera di Gesù. È solo grazie a quel «pezzo di Pane», se non siamo «morti di fame» lungo i deserti della vita,riuscendo a dare senso alle nostre quotidianità.

«Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto» (Dt 8,2).

«Ricordati», dice Mosè al popolo, «fa’ memoria del tuo cammino. Della schiavitù e della libertà, e di quanto costi diventare liberi, di quanto deserto occorra attraversare per spogliarsi di tutte le sovrastrutture che ti impediscono di credere e di amare nella nudità dell’essere». «Fa memoria», dice Mosè al popolo, «della fame che hai patito e soprattutto della manna, del pane che hai ricevuto, il pane del cammino». Questo è anzitutto l’Eucarestia: un fare memoria, una terapia contro la dimenticanza, una consapevole ed energica scossa che ci permette di rientrare in noi stessi per trovare, in noi stessi, il sorriso di Dio, per scoprire in noi tutto quello che il Signore continua a fare per noi. Nonostante tutto.

«Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane» (1Cor 10, 17).

Paolo presenta l’Eucaristia ai cristiani di Corinto come mistero di comunione: solo partecipando alla passione del Signore, accostandoci all’Eucarestia possiamo essere veramente un tutt’uno con i fratelli. L’Apostolo chiede che ci sia «attenzione» e affetto per il pane eucaristico, che ci fa commensali tra noi e con Dio. La Chiesa non è il club dei bravi ragazzi che pregano Dio, né la nazionale italiana dei cristianipermododidire (Marco Pozza), ma la comunità dei diversi radunati nell’Unico e dall’Unico.

«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo» (Gv 6,51).

Nel capitolo sesto del Vangelo di Giovanni, Gesù, al culmine di una lunga catechesi sull’Eucaristia, si rivela quale «pane di vita». Appresso a Gesù c’è il pubblico delle grandi occasioni: la gente è affascinata «perché vedeva i segni che compiva» (Gv 6,2). Ed è talmente affascinata che per mettersi al seguito del Signore si è scordata di fare un salto al supermercato a fare scorta di cibo. Ma tranquilli, niente paura, pensa a tutto Gesù! Avviene la moltiplicazione dei pani e dei pesci! Le persone sono entusiaste, al delirio: «Uno come questo Maestro di Nazareth non ce lo dobbiamo fare scappare!».

Come al solito Gesù, invece di cavalcare l’onda dell’entusiasmo, getta secchiate d’acqua sul fuoco: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo» (Gv 6,51).La gente lo guarda ora interdetta. Parole inaudite. Senza senso. «Il caldo gli ha dato alla testa! Ciao, ciao, Gesù!». La gente voleva qualcuno che saziasse la fame fisica, Gesù vuole portare il tutto su un altro piano, cercando di saziare la fame di infinito

Solo I capi religiosi di Israele reagiscono mormorando: ai loro occhi è inconciliabile il suo essere figlio di Giuseppe, con il suo venire da Dio. È lo scandalo dell’incarnazione, del farsi uomo di Dio in Gesù Cristo. Ma è anche assurdo per loro che questo Gesù presenti un Dio che, anziché pretendere i doni dagli uomi, si dona fino a fondersi con lui.

«Io sono il pane» (Gv 6,51).

Il pane è l’alimento fondamentale, ci sazia e ci dà forza. È buonissimo quando lo accompagniamo ad altri cibi, ma è buono anche con niente. Un buon pezzo di pane può nutrire per una giornata intera. «Gesù è il pane», è come dire che abbiamo bisogno di Lui tutti i giorni, così come tutti i giorni abbiamo bisogno di nutrirci. È come dire che Gesù è indispensabile come il pane, che è un dono di Dio come è stata un dono di Dio la manna nel deserto.

«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna» (Gv 6,54). Forse queste parole del Vangelo le abbiamo sentite tante altre volte e non ci stupiscono più di tanto. Eppure, se le ascoltiamo bene, sono davvero impressionanti! Se uno venisse a dirci che dobbiamo mangiare il suo corpo e bere il suo sangue, lo prenderemmo per pazzo! Non siamo mica dei cannibali! Tranquilli, il Signore non ci sta dicendo di trasformarci in cannibali! Ci sta parlando del modo stupendo che Lui stesso ha «inventato» per restare sempre sempre con noi! Il Pane e il Vino consacrati sono il cibo di cui dobbiamo nutrirci per essere in comunione con il corpo e il sangue di Gesù. Ci sta dicendo che se facciamo «comunione» con lui avremo una vita dalla qualità indistruttibile.

«Chi mangia» (Gv 6,54).

Il verbo greco usato è «trogon», masticare, spezzettare, assimilare. «Chi mastica la mia carne, la mia vita, chi orienta la propria vita alla mia, ha una vita che la morte non potrà interrompere». Il Signore vuole un’adesione totale. Non vuole adesioni ideali, ma concrete.

Chissà quante volte avete sentito una mamme dire al proprio bimbo: «Ti mangio! Ti mangio di baci!». Il Signore Gesù vuole che in noi ci sia una forza d’amore grande così, per poter dire anche noi: «Sì, Signore, ti voglio talmente bene che ti mangio! Ti tengo dentro di me, così siamo insieme, profondissimamente insieme, senza che niente al mondo ci possa separare!».

Il filosofo materialista ateo Feuerbach, intitolò una sua famosa opera del 1862, Il mistero del sacrificio o l’uomo è ciò che mangia. Senza saperlo (e certamente senza volerlo…) ha dato un’ottima definizione dell’Eucaristia. Grazie all’Eucaristia, l’uomo diventa davvero ciò che mangia, cioè corpo di Cristo! Quando noi mangiamo, il cibo che assumiamo, per un processo biologico che si chiama assimilazione, diventa carne della nostra carne e sangue del nostro sangue. Nel caso dell’Eucaristia avviene qualcosa di simile ma con «qualche» variazione: mangiando quel «pezzo di Pane», Dio si fa cellule del nostro corpo, si trasforma in noi, ma, cosa ancora più straordinaria, siamo noi ad essere assimilati a Cristo, siamo noi a essere trasformati in Lui. Preghiamo per la nostra conversione. Preghiamo perché non «cosifichiamo» l’Eucaristia. Preghiamo perché il Pane di Dio, il Pane del cammino sia pungolo per farci essere discepoli più autentici e veri. Preghiamo perché accostandoci tra poco all’Eucaristia, ci rendiamo conto dell’enormità che ci sta accadendo: non siamo noi a cercare Dio, ma è Lui che corre incontro a noi. Amen.