Corpus Domini – 11 Giugno 2023
Prima lettura – Dt 8,2-3.14b-16: Ti ha nutrito di un cibo, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto. Dal Salmo 147:Loda il Signore, Gerusalemme. Seconda lettura – 1Cor 10,16-17: Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo. Vangelo – Gv 6,51-58: Il mio sangue è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Celebriamo oggi la solennità liturgica del Corpo e Sangue di Gesù. È una festa parecchio antica, risale al XIII secolo ed è nata perché la Chiesa non perdesse lo stupore dinanzi al pane eucaristico e potesse esprimere la sua gratitudine a Dio per il dono di quel pane. Purtroppo l’abitudine copre di grigio e di polvere anche le cose più belle e più grandi. Il Corpus Domini ci aiuta a togliere la coltre dell’abitudine e ci fa cogliere in un pezzo di pane (cosa c’è di più banale?) il nostro Dio.
«Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28,20), con queste parole, alla fine del Vangelo di Matteo, Gesù ci ha promesso che sarebbe rimasto per sempre presente nel cuore della storia. La domenica del Corpus Domini ci conferma che il Signore, quella promessa l’ha mantenuta: in un piccolo pezzo di pane ci sono il suo corpo e il suo sangue. Anzi la festa del Corpus Domini è nata per aiutarci a prendere coscienza della presenza di Cristo in mezzo a noi
Oggi festeggiamo l’Eucaristia, festeggiamo Gesù Eucaristia. Non è un oggetto l’Eucaristia; non è un qualcosa da guardare estatici, immobili, magari lievitando a tre metri dal suolo; non è uno dei tanti reperti archeologici che affollano le nostre Chiese. In «quel pezzo di Pane», c’è la presenza vera di Gesù. È solo grazie a quel «pezzo di Pane», se non siamo «morti di fame» lungo i deserti della vita,riuscendo a dare senso alle nostre quotidianità.
«Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto» (Dt 8,2).
«Ricordati», dice Mosè al popolo, «fa’ memoria del tuo cammino. Della schiavitù e della libertà, e di quanto costi diventare liberi, di quanto deserto occorra attraversare per spogliarsi di tutte le sovrastrutture che ti impediscono di credere e di amare nella nudità dell’essere». «Fa memoria», dice Mosè al popolo, «della fame che hai patito e soprattutto della manna, del pane che hai ricevuto, il pane del cammino». Questo è anzitutto l’Eucarestia: un fare memoria, una terapia contro la dimenticanza, una consapevole ed energica scossa che ci permette di rientrare in noi stessi per trovare, in noi stessi, il sorriso di Dio, per scoprire in noi tutto quello che il Signore continua a fare per noi. Nonostante tutto.
«Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane» (1Cor 10, 17).
Paolo presenta l’Eucaristia ai cristiani di Corinto come mistero di comunione: solo partecipando alla passione del Signore, accostandoci all’Eucarestia possiamo essere veramente un tutt’uno con i fratelli. L’Apostolo chiede che ci sia «attenzione» e affetto per il pane eucaristico, che ci fa commensali tra noi e con Dio. La Chiesa non è il club dei bravi ragazzi che pregano Dio, né la nazionale italiana dei cristianipermododidire (Marco Pozza), ma la comunità dei diversi radunati nell’Unico e dall’Unico.
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo» (Gv 6,51).
Nel capitolo sesto del Vangelo di Giovanni, Gesù, al culmine di una lunga catechesi sull’Eucaristia, si rivela quale «pane di vita». Appresso a Gesù c’è il pubblico delle grandi occasioni: la gente è affascinata «perché vedeva i segni che compiva» (Gv 6,2). Ed è talmente affascinata che per mettersi al seguito del Signore si è scordata di fare un salto al supermercato a fare scorta di cibo. Ma tranquilli, niente paura, pensa a tutto Gesù! Avviene la moltiplicazione dei pani e dei pesci! Le persone sono entusiaste, al delirio: «Uno come questo Maestro di Nazareth non ce lo dobbiamo fare scappare!».
Come al solito Gesù, invece di cavalcare l’onda dell’entusiasmo, getta secchiate d’acqua sul fuoco: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo» (Gv 6,51).La gente lo guarda ora interdetta. Parole inaudite. Senza senso. «Il caldo gli ha dato alla testa! Ciao, ciao, Gesù!». La gente voleva qualcuno che saziasse la fame fisica, Gesù vuole portare il tutto su un altro piano, cercando di saziare la fame di infinito
Solo I capi religiosi di Israele reagiscono mormorando: ai loro occhi è inconciliabile il suo essere figlio di Giuseppe, con il suo venire da Dio. È lo scandalo dell’incarnazione, del farsi uomo di Dio in Gesù Cristo. Ma è anche assurdo per loro che questo Gesù presenti un Dio che, anziché pretendere i doni dagli uomi, si dona fino a fondersi con lui.
«Io sono il pane» (Gv 6,51).
Il pane è l’alimento fondamentale, ci sazia e ci dà forza. È buonissimo quando lo accompagniamo ad altri cibi, ma è buono anche con niente. Un buon pezzo di pane può nutrire per una giornata intera. «Gesù è il pane», è come dire che abbiamo bisogno di Lui tutti i giorni, così come tutti i giorni abbiamo bisogno di nutrirci. È come dire che Gesù è indispensabile come il pane, che è un dono di Dio come è stata un dono di Dio la manna nel deserto.
«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna» (Gv 6,54). Forse queste parole del Vangelo le abbiamo sentite tante altre volte e non ci stupiscono più di tanto. Eppure, se le ascoltiamo bene, sono davvero impressionanti! Se uno venisse a dirci che dobbiamo mangiare il suo corpo e bere il suo sangue, lo prenderemmo per pazzo! Non siamo mica dei cannibali! Tranquilli, il Signore non ci sta dicendo di trasformarci in cannibali! Ci sta parlando del modo stupendo che Lui stesso ha «inventato» per restare sempre sempre con noi! Il Pane e il Vino consacrati sono il cibo di cui dobbiamo nutrirci per essere in comunione con il corpo e il sangue di Gesù. Ci sta dicendo che se facciamo «comunione» con lui avremo una vita dalla qualità indistruttibile.
«Chi mangia» (Gv 6,54).
Il verbo greco usato è «trogon», masticare, spezzettare, assimilare. «Chi mastica la mia carne, la mia vita, chi orienta la propria vita alla mia, ha una vita che la morte non potrà interrompere». Il Signore vuole un’adesione totale. Non vuole adesioni ideali, ma concrete.
Chissà quante volte avete sentito una mamme dire al proprio bimbo: «Ti mangio! Ti mangio di baci!». Il Signore Gesù vuole che in noi ci sia una forza d’amore grande così, per poter dire anche noi: «Sì, Signore, ti voglio talmente bene che ti mangio! Ti tengo dentro di me, così siamo insieme, profondissimamente insieme, senza che niente al mondo ci possa separare!».
Il filosofo materialista ateo Feuerbach, intitolò una sua famosa opera del 1862, Il mistero del sacrificio o l’uomo è ciò che mangia. Senza saperlo (e certamente senza volerlo…) ha dato un’ottima definizione dell’Eucaristia. Grazie all’Eucaristia, l’uomo diventa davvero ciò che mangia, cioè corpo di Cristo! Quando noi mangiamo, il cibo che assumiamo, per un processo biologico che si chiama assimilazione, diventa carne della nostra carne e sangue del nostro sangue. Nel caso dell’Eucaristia avviene qualcosa di simile ma con «qualche» variazione: mangiando quel «pezzo di Pane», Dio si fa cellule del nostro corpo, si trasforma in noi, ma, cosa ancora più straordinaria, siamo noi ad essere assimilati a Cristo, siamo noi a essere trasformati in Lui. Preghiamo per la nostra conversione. Preghiamo perché non «cosifichiamo» l’Eucaristia. Preghiamo perché il Pane di Dio, il Pane del cammino sia pungolo per farci essere discepoli più autentici e veri. Preghiamo perché accostandoci tra poco all’Eucaristia, ci rendiamo conto dell’enormità che ci sta accadendo: non siamo noi a cercare Dio, ma è Lui che corre incontro a noi. Amen.