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Tutti i Santi

«Esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5,12).

Oggi è la festa di Tutti i Santi. Quando parliamo di Santi, corriamo il rischio di vederli come estranei alla nostra vita. Volendone esaltare le qualità, rischiamo di allontanarli dalla quotidianità, facendoli apparire come degli “extraterrestri”.
Abbiamo trasformato i santi in pesche sciroppate. Le pesche sciroppate sono pesche per quanto riguarda l’aspetto, la forma il colore, ma hanno perso il loro sapore, perché «ammazzato» dallo zucchero usato per sciropparle. I santi sono umani ma li abbiamo trasformati in supereroi!
I Santi non sono irraggiungibili.
Sono uomini e donne che hanno saputo spendere bene la loro vita, fatta di alti e di bassi, di errori e continue conversioni.
Riappropriamoci dei santi, tiriamoli giù dalle nicchie, “desantinizziamoli” e facciamoli entrare nella nostra vita: ci “aiuteranno” a realizzare in pieno il sogno che Dio ha fatto per noi, ciascuno di noi. Auguri.


Pesche sciroppate?!

Tutti i Santi – 1 novembre ’23

Prima lettura – Ap 7,2-4.9-14: Dopo queste cose vidi: ecco una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Dal Salmo 23: Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore. Seconda lettura – 1Gv 3,1-3: Vedremo Dio così come egli è. Vangelo – Mt 5,1-12a: Rallegrati ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

Qualche giorno fa preparandomi per l’omelia, mi sono posto una domanda: «Perché la Chiesa sente il bisogno di celebrare i santi in un’unica festa, in un’unica soluzione?». Mi sono dato due risposte… Innanzitutto per ricordarci che tutti siamo chiamati alla santità, a essere santi, cioè separati dal mondo, capaci di guardare il mondo dalla giusta prospettiva, con gli occhi di Dio. La seconda risposta è che dobbiamo riappropriarci dei santi. Purtroppo quando parliamo dei santi, pensiamo subito a loro come ai primi della classe amati e premiati dal professore e che ci fanno sentire gli ultimi della classe, quelli sempre impreparati e che prendono sempre un bel 2. La santità non è un premio finale di buona condotta, data solo ai pochi che hanno la fortuna di essere proclamati santi dalla Chiesa. La santità è un incentivo iniziale, dato a tutti. Dio scommette su tutti noi, sulla nostra riuscita. Coloro che stanno sugli altari, e che oggi veneriamo e festeggiamo, hanno avuto la capacità di accorgersi e di fidarsi del dono, dell’incentivo che il Signore ha fatto loro. Hanno saputo spendere bene la loro vita, fatta di alti e di bassi, di errori e continue conversioni. Non sono irraggiungibili come i divi del cinema che camminano pavoneggiandosi sul «red carpet», né super eroi bacchettoni impossibili da imitare. Abbiamo trasformato i santi in pesche sciroppate. Le pesche sciroppate sono pesche per quanto riguarda l’aspetto, la forma il colore, ma hanno perso il loro sapore, perché «ammazzato» dallo zucchero usato per sciropparle. Ma vediamo cosa ci dona oggi la Parola di Dio. Nella prima lettura, Giovanni ci parla della visione di una moltitudine di salvati. Quindi la salvezza è per una moltitudine, è per tutti… Non è «per molti, ma non per tutti» come diceva una vecchia pubblicità. Il brano dell’Apocalisse ci dice poi che i salvati stanno diritti, in piedi dinanzi a Dio. È la dignità tipica dei figli,capaci di guardare il proprio padre negli occhi. E san Giovanni nella seconda letturaa ci ricorda che siamo figli di Dio realmente, non per «babbiare». E potendo chiamare Dio Padre, gli ricordiamo la sua responsabilità, lo inchiodiamo alle sue responsabilità: tutti possono chiamarsi fuori, Lui no. Giungiamo al vangelo… Gesù oggi si concede una gita fuori porta con i suoi discepoli. Se ne vanno su una collinetta poco fuori Cafarnao. La tradizione ha anche identificato concretamente il luogo. Ma credo non sia importante sapere, conoscere, il luogo fisico. Quel che importa è che dal monte delle Beatitudini, possiamo vedere la realtà della nostra vita con lo sguardo di Gesù, con la logica di Dio. Ad un certo punto il Signore si accorge che lo sta seguendo una folla di persone e capisce che vogliono ascoltare una parola liberante. Gesù si siede e comincia ad insegnare. Ripete per otto volte la parola «Beato». Che significa? Quando diciamo a qualcuno «Beato te!», gli stiamo dicendo «Sei una persona fortunata!», magari perché ha vinto il Superenalotto o ha un lavoro in cui sta tutto il giorno davanti a Facebook e si «ammucca» lo stipendio a più zeri. E gli stiamo dicendo che vorremmo fare a cambio. In realtà la parola «Beato» andrebbe tradotto con «Felice»… Ed è stupendo sapere che il sogno di Dio per noi è che possiamo essere felici, che possiamo realizzare i nostri e i suoi sogni. «Beati i poveri… Beati quelli che piangono… Beati i perseguitati… Beati gli insultati…» (Cfr. Mt 5,1-12a). Le beatitudini parlano dell’uomo secondo il progetto di Dio. Non sono una serie di cose da fare, ma modi di essere. Gesù ci sta semplicemente dicendo di guardare tutto con occhi diversi, come non avremmo mai pensato. «Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). I poveri non di soldi, ma i poveri di spirito, quelli che hanno ancora la capacità di stupirsi (Cfr. Povia, Quando i bambini fanno oh), la capacità di riconoscersi precari. «Beati quelli che piangono, perché saranno consolati» (Mt 5,4). Il Signore conosce le nostre lacrime, anche quelle che nessuno vede. Gesù ci sta dicendo che essere suoi discepoli non è una specie di “assicurazione sulla vita”, non ci garantisce contro le difficoltà… Essere cristiani ci dà la certezza che nessun dolore rimarrà non lenito. «Beati i miti, perché erediteranno la terra» (Mt 5,5). Beati quelli che affrontano a vita a testa alta, che si oppongono al male. Altro che «calati juncu ca passa la china»! «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati» (Mt 5,6). Quante ingiustizie nel mondo! Ma per fortuna quanti uomini e donne che non si arrendono e lottano perché si faccia la Parola di Dio. «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7). Misericordioso è chi ha il cuore grande capace di perdonare e di non serbare rancore. Misericordioso è chi sa riconoscersi come carne misericordiata, capace di farsi carne misericordiante. «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8). Beati quelli che non cercano di apparire diversi da come sono, che non sanno cosa sia l’ipocrisia e sanno riconoscere la presenza di Dio nelle cose del quotidiano. «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). Beati quelli che si ostinano a cercare la pace, non come assenza di guerra, ma come dice Giovanni XXIII nella Pacem in terris come ricerca delle condizioni che permettano ad ogni uomo di essere uomo. «Beati i perseguitati a causa della giustizia, poiché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,10). Sembrano cose lontane dal nostro mondo occidentale… Ma è poi così? Quante persecuzioni vestite di incomprensioni? «Beati voi quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male a causa mia, rallegratevi ed esultate, poiché grande è la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5,11s). Forse non abbiamo incontrato mai qualcuno che ridesse della nostra fede, ma magari qualcuno ci avrà chiesto con tono provocatorio: «Dove è il tuo Dio mentre il mondo va allo scatafascio?». Oggi, come dicevamo è la festa dei santi e le Beatitudini sono la loro carta d’identità… Ognuno di noi è sognato da Dio. Il nostro posto nel mondo è insostituibile. Il santo è colui che ha realizzato il sogno di Dio. Anche noi siamo chiamati a farlo. I santi sono i nostri fratelli maggiori, sono «fatti i carni» come noi, «sono di nove mesi» proprio come noi, sono peccatori come noi, ma che hanno accettato di farsi rivoluzionare da Dio. I santi non sono né semidei (non li adoriamo, ma li veneriamo…), né extraterrestri, né mezzi uomini costretti a rinunciare alla loro dignità. Togliamoli dalle nicchie. Riappropriamoci di loro. Riportiamoli alla quotidianità. Noi siamo quello che loro sono stati e noi siamo chiamati a diventare quello che sono. E noi? Dice Agostino «Si isti et istae cur non ego». Siamo chiamati alla santità. Rischiamo ora la nostra eternità. Scegliamo se volere Dio soltanto o Dio soprattutto. La santità è difficile, ma non impossibile. Buon cammino.