Gesù è meglio del Polase!

XIV per Annum – 9 Luglio 2023

Prima lettura – Zc 9,9-10: Ecco, a te viene il tuo re umile. Dal Salmo 144: Benedirò il tuo nome per sempre, Signore. Seconda lettura – Rm 8,9.11-13: Se mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. Vangelo – Mt 11,25-30: Io sono mite e umile di cuore.

Non nascondo un certo rispetto e timore dinanzi alla pagina del Vangelo che abbiamo appena ascoltato. Sinceramente vorrei stare in silenzio. Mi verrebbe di tacere, di non interferire. Metterei un bel cartello con la scritta: «Non disturbare, colloquio confidenziale in corso!». Sì, la pagina del Vangelo che abbiamo sentito, ci riporta un dialogo tra Gesù e il Padre, una conversazione amabile e confidenziale tra Padre e Figlio.

Ma qualcosa devo pur dirla… Comincio dal contestualizzare il colloquio… Per Gesù non è un buon momento. Dagli scribi è considerato un bestemmiatore (Mt 9,3); i farisei hanno iniziato una campagna denigratoria nei suoi confronti: non possono negare ciò che compie, allora lo accusano di stregoneria.

In particolare il colloquio che abbiamo ascoltato si svolge a pochi giorni dall’arresto di Giovanni il Battezzatore (Gv 3,19ss), arrestato perché ogni volta che incontrava Erode, non perdeva tempo a «rompergli le scatole» sulla sua moralità. Giovanni, dal carcere, assalito dal dubbio, fa chiedere a Gesù: «Sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (Mt 11,3). Sempre in precedenza al colloquio di oggi, Gesù aveva notato tristemente l’incontentabilità della gente. Alle persone non andava bene Giovanni il Battezzatore perché troppo austero, adesso non accettano che il Rabbi di Nazareth mangi e beva e sia «amico dei pubblicani e dei peccatori» (Mt 11,19). Infine il Signore aveva inveito («Con tutto quello che avete avuto la fortuna di vedere come fate a non credere?») contro le città della Galilea dove aveva annunciato il Vangelo e operato miracoli (Corazin, Betsàida e Cafarnao) e che non solo non si erano convertite, ma non apparivano neanche minimamente toccate dal suo insegnamento(Cfr. Mt 11,20-24). Questi i fatti che precedono il dialogo tra Padre e Figlio di oggi. Gesù dovrebbe essere amareggiato, in preda al pessimismo (Il suo Vangelo non coinvolge le folle… La sua Chiesa è vuota… Tanti fallimenti…) e invece esplode in un’espressione di gioia: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25). Da una situazione di delusione e di scoraggiamento, lui fa scaturire un inno alla vita e si lascia stupire da ciò che Dio padre fa. In altri termini Gesù sta dicendo «Ti faccio i miei complimenti, Papà, perché hai scelto i piccoli, quelli che sanno stupirsi davanti alla tua tenerezza!». Adesso ci tocca capire due cose: chi sono i piccoli e, soprattutto, se nelle parole di Gesù c’è un elogio dell’ignoranza.

«Le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25).

Chi sono i piccoli? I piccoli sono i neonati che riescono a vivere solo se qualcuno si prende cura di loro; sono coloro che sanno e accettano che c’è qualcuno a cui affidarsi. I piccoli sono i «precari», coloro che vivono perché si affidano a un altro, perché dipendono da un altro, perché pregano un altro (Una stessa etimologia accomuna le parole latine prex, preghiera e precarius, precario)… I piccoli sono quelli che danno spazio a Dio di manifestarsi nel modo inaspettato che lui ha…

«Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti» (Mt 11,25).

Detta in questi termini sembra che il Signore prende posizione contro il sapere, contro la cultura. In verità non è così… Gesù era sempre stato attento non a coloro che sono innamorati di se stessi, della propria intelligenza, gli autoreferenziali, ma alla gente comune, alla gente semplice. Gesù fa’ allora un elogio dell’ignoranza? No, per nulla, Gesù sta dicendo che l’abisso, la profondità di Dio, del suo amore, può conoscerlo solo chi non pensa di non avere più nulla da imparare. Gesù sta dicendo che può conoscere Dio solo chi ha lo stupore dei bambini (Vi ricordate la canzone di Povia «Quando i bambini fanno ooh»?); solo chi ha la curiosità disarmante dei bambini (i mille «perché» dei bambini…); solo chi ha la semplicità dei bambini (dategli un pallone e una strada diventa il Maracanà di Rio de Janeiro); solo chi ha la faccia tosta dei bambini. Il Signore sta dicendo che possiamo incontrare Dio, che possiamo conoscere Dio e le sue cose, ogni volta che ci riconosciamo umili, ogni volta che ci riscopriamo precari, ogni volta che ci rendiamo conto (e lo accettiamo…) che non possiamo fare a meno di Lui.

«Voi tutti che siete stanchi e oppressi» (Mt 11,28).

Chi sono gli stanchi e gli oppressi? Gesù certamente si rivolge a coloro che lo stanno ascoltando e che sono gravati dalle leggi e dalle dottrine. I rabbini avevano trasformato la Torah in un giogo (l’attrezzo usato per attaccare gli animali all’aratro) divenuto progressivamente gravoso. Ma è bello pensare che l’invito sia rivolto anche a noi, a tutti quelli che viviamo una vita difficile e penosa.

«Io vi darò ristoro» (Mt 11,28).

Letteralmente «Vi farò riprendere fiato. Accogliete me e vi darò fiato». Gesù ci propone il Polase, l’MGKVis, il Gatorade, il Poverade. Ci propone qualcosa che può tirarci su. Non sono gli psicofarmaci a cui molti ricorrono che ristorano dalle pesantezze esistenziali. Non sono i tanti guru e pseudo profeti moderni che danno sicurezza al futuro. Non è il denaro, il successo, il prestigio che riempiono i vuoti interiori o le paure del domani. Ma è Cristo che da senso ai nostri giorni. Con queste semplice parole il Signore ci vuole dire: «Quando non ce la fai più, io ci sono! Quando ti sembra che tutto crolli, io non cedo! Quando sei disperato, io sono il tuo futuro! Quando ti sembra che non ci sia un cane a capirti, passa da me e vedrai che io ci sono!».

«Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,30).

«Giogo dolce», zygòs chrestòs in greco. Dovrebbe tradursi come «legame indispensabile», Gesù sta dicendo che legandosi a lui, si otterrà un legame profondo e liberante. Cristo non è una dottrina da accettare, ma una persona che va accolta.

A conclusione mi viene in mente una storiella della tradizione dei Chassidim, i pii israeliti (Avete presenti quelli con la barba lunga e i boccoli?)… «Un giovane discepolo si avvici­na una mattina al suo vecchio maestro e gli dice: “Come mai, nei tem­pi antichi, Dio appariva spesso ai nostri padri, ad Abramo, ad Isac­co, a Giacobbe, a Mosè e a tanti altri? Oggi, invece, nessuno lo vede più”. Il vecchio rabbino rifletté a lungo, poi rispose: “Perché noi, non sappiamo più chinarci abba­stanza in basso”». La storiella ha due significati… Forse il rabbino in­tendeva dire che non possiamo vedere Dio perché non vogliamo più inchinarci davanti alla sua gloria e alla sua maestà, cioè manchiamo dell’umiltà necessaria. O forse il rabbino voleva dire che Dio non si deve cercare nelle cose alte, nelle esperienze sublimi e straordinarie, ma nella semplicità delle cose «terra terra», nelle cose quotidiane. Cioè mentre noi guardiamo troppo in alto, Dio si rivela «in basso». Entrambe le ipotesi di lettura fanno al caso nostro. Stiamo attenti a non diventare professori delle regole e maestri nel trovare i peccati altrui. Attenti a non restare «analfabeti del cuore», ignoranti nell’alfabeto dell’amore. Dio non è un concetto, non è una regola, è sempre diverso da come lo vorremmo. Ma stiamo certi che non è un padre severo, ma una madre che ci accoglie sulle sue ginocchia, per parlarci cuore a cuore, per consolarci quando siamo in preda alla paura di non farcela, disposto a stringerci in un abbraccio di misericordia. È un Dio che per «svelare le sue carte», per proporre di essere figli nel suo Figlio, gioca a nascondino coi dotti, ma si svela ai piccoli. Abbiamo ancora un po’ di strada da fare! Dobbiamo convertire il nostro cuore, dobbiamo fargli un bel lifting, per aprirlo allo stupore di un Amore senza misura.

Informazioni su don Angelo Tomasello

Scrivo, ma non sono uno scrittore. Leggo, ma non sono un lettore. Sogno, ma non sono un sognatore. Ho incontrato Dio e proprio non mi riesce di smettere di cercarlo. Vedi tutti gli articoli di don Angelo Tomasello

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