Senza scadenza

XXXII per Annum – 6 Novembre 2022

Prima lettura – 2 Mac 7, 1-2. 9-14 – Il re dell’universo ci risusciterà a vita nuova ed eterna. Dal Salmo 16: Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto. Seconda lettura – 2 Ts 2, 16 – 3, 5 – Il Signore vi confermi in ogni opera e parola di bene. Vangelo – Lc 20, 27-38 – Dio non è dei morti, ma dei viventi.

Si è concluso il viaggio di Gesù verso Gerusalemme, iniziato in Lc 9,51. Dopo l’ingresso in città, accolto da tanti fan e sostenitori (Lc 19,29-44), il Signore ha scacciato i mercanti dal Tempio, riprendendo così «possesso» della casa del Padre (Lc 19,45-48). Dopodiché il Maestro di Nazareth diventa bersaglio del fuoco incrociato dei suoi avversari di sempre: scribi, farisei, sacerdoti, dottori della Legge e sadducei. Contro di lui si scatena l’offensiva finale. I primi a farsi sotto sono i capi dei sacerdoti e i dottori della Legge che gli pongono una questione di fondo: «Dicci con quale autorità tu fai queste cose?» (Lc 20,2). Il Signore disbriga la pratica con una certa facilità (e tanta ironia) e di rimando gli racconta la parabola dei vignaioli ribelli e omicidi (Lc 20,9-19). Finito con i capi dei sacerdoti e con i dottori della Legge, è la volta degli erodiani e dei farisei, nemici giurati che si ritrovano alleati contro il comune nemico. Stavolta, chiedendogli la sua opinione a proposito del pagamento delle tasse a Roma (Ci è lecito o no pagare il tributo a Cesare? – Lc 20,22) vorrebbero trascinare Gesù sul terreno politico, in modo da comprometterlo o davanti ai romani o davanti ai giudei. Ma Gesù, per la seconda volta, riesce con facilità a sbrigare la questione: «Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio» (Lc 20,25). Terminato con erodiani e farisei, ecco scendere in campo i sadducei che ponendo la questione della risurrezione dei morti (il Vangelo che abbiamo appena ascoltato), portano Gesù sul terreno religioso, nel tentativo e nella speranza di trovare qualcosa per accusarlo. Innanzitutto è necessaria una scheda di presentazione dei sadducei. I sadducei sono un’importante corrente religiosa, formata dagli aristocratici delle antiche famiglie benestanti d’Israele. Discendono da Sadoq, sacerdote del Tempio con Davide prima e Salomone dopo. A differenza dei farisei e scribi, erano aperti alla cultura ellenistica e al mondo romano. I sadducei non credevano alla risurrezione, perché stavano così bene in terra che non avevano bisogno di pensare alla vita successiva. Ma soprattutto rifiutano la risurrezione perché nell’ambito della filosofia ellenistica, la risurrezione corporea incontrava poco favore, poiché c’era il disprezzo della la materia. «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie?» (Lc 20,28-33). È chiaro che lo scopo della domanda dei sadducei sia di mettere in imbarazzo Gesù, cercando di dimostrare, con un esempio concreto, quanto ridicola sia l’idea della risurrezione e quanto essa sia estranea alla Scrittura. Il caso che i sadducei sottopongono è parecchio strambo: c’è una donna che ha avuto sette mariti, «s’asciucò setti mariti», uno dietro l’altro. A questo punto, ci chiediamo, ma perché tutti e sette i fratelli se la sposano? La risposta è semplice: devono rispettare la Legge del Levirato (dal latino Levir, cognato). Questa norma, risalente a Mosè, stabiliva che se un uomo sposato moriva senza avere figli, un fratello dove sposare la vedova, per dare una discendenza al fratello passato a miglior vita. La Legge del Levirato garantiva che il nome di nessuno fosse estinto da Israele: l’unica cosa che conta è la conservazione dell’asse ereditario, il rendere eterna la propria esistenza attraverso la nascita di un figlio. La domanda che i sadducei fanno è molto più complicata di quanto appaia. Essi chiedono: «la risurrezione c’è o non c’è? E se c’è, con quale corpo risorgeremo? Ma soprattutto i legami terreni si riproporranno?». Probabilmente anche noi ci siamo posti domande simili, magari dopo che, situazioni della nostra vita, come la morte, hanno smascherato la fragilità delle nostre convinzioni religiose. «Risorgeremo? Se sì, dove? Dove troveremo tutto lo spazio in cui poter stare tutti insieme? Se sì, con quale corpo? Quanti anni avremo?». I sadducei, volendo ridicolizzare la questione della risurrezione, presentano la vita oltre la morte come un ricalco della vita terrena, una sua proiezione, una fotocopia, governata dalle stesse regole istituzionali di questo mondo. «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito, ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né mogli né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio» (Lc 20,34-36). Gesù sposta il livello della discussione: «Cari amici sadducei, dopo la morte, gli uomini, si trovano in una situazione del tutto nuova: sono uguali agli angeli». In altri termini, il Signore sta dicendo che la vita che viene da Dio è una vita che è per sempre, che non ha una seconda scadenza, e non occorre mettere al mondo un figlio per renderla eterna. La risurrezione non è un prolungamento dell’esistenza presente, né la rianimazione di un cadavere. Ma è chiaro che Gesù pur parlando dell’aldilà non è per nulla interessato a dirci come è l’aldilà: al Signore interessa che possiamo vivere bene l’aldiquà, nella prospettiva di un aldilà diverso. Se non avessimo la speranza che la vita è più forte della morte, saremmo chiusi e oppressi dall’angoscia del singolo momento. Credere nella risurrezione non è guardare ad un futuro lontano, ignorando il presente, alienandosi dall’oggi, ma è esattamente il contrario. È credere nella vita, è impegnarsi perché questa vita non finisca annacquata. Ma chi ci garantisce che la vita dopo la morte ci sia qualcosa? E chi ci garantisce che questa resurrezione ci sarà? Diceva mio nonno: «dal mondo della verità non è mai tornato nessuno. Tre sono le possibili risposte: o non c’è nulla, o non si sta bene e non vogliono rovinarci la sorpresa, o, infine, si sta benissimo, ma non vogliono ugualmente rovinarci la sorpresa». Le garanzie necessarie a credere che ci sia la risurrezione ce le ha appena date Gesù: «Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono in lui» (Lc 20,38). Il Maestro si rifà a Es 3,6, al testo che racconta l’incontro tra Dio e Mosè, al roveto ardente, che è un testo su Dio e non sulla risurrezione. Dio si presenta a Mosè come l’esistente (in ebraico ehjeh). Gesù dice quindi: «Se è vero, come è vero, che Dio è vivente ed è fedele nel suo amore verso l’uomo, può mai abbandonarlo in potere della morte? Se Dio è Dio di Abramo, Isacco e di Giacobbe e quegli uomini non esistono più, Dio stessa cessa di esistere!». Il Signore, lo abbiamo detto, non si preoccupa di dirci come sarà la risurrezione, ma ci garantisce che ci sarà. Siamo come i bambini che devono ancora nascere e così come a loro non possiamo spiegare la vita, noi, non possiamo capire la vita che non finisce, quella senza scadenza. «Il vero problema, sembra dire Gesù, non è quello di porsi domande sul come della risurrezione e della vita futura, ma piuttosto, chiedersi per chi o per cosa vivo il mio qui e ora».

Informazioni su don Angelo Tomasello

Scrivo, ma non sono uno scrittore. Leggo, ma non sono un lettore. Sogno, ma non sono un sognatore. Ho incontrato Dio e proprio non mi riesce di smettere di cercarlo. Vedi tutti gli articoli di don Angelo Tomasello

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