Archivi del giorno: 20 novembre 2021

Ambasciatori veri di un Re ridicolo

XXXIV per Annum – 21 novembre ‘21

Prima lettura – Dn 7,13-14: Il suo potere è un potere eterno. Dal Salmo 92:Venga, Signore, il tuo regno di luce. Seconda lettura – Ap 1,5-8: Il principe dei re della terra ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio. Vangelo – Gv 18,33b-37: Tu lo dici: io sono re.

Oggi è l’ultimo dell’anno, dell’anno liturgico, s’intende. È occasione di bilanci, per chiedersi chi siamo diventati, come e quanto abbiamo camminato, dove siamo arrivati. Ma è anche occasione di propositi per il cammino che percorreremo ancora. Oggi è anche festa, è la festa di Cristo Re dell’Universo. Festa strana, buffa. Quando negli anni ’20, Pio XI la propose poteva anche avere un senso, visto che in giro c’erano tanti sovrani felicemente regnanti e il papa voleva contrapporre a questi un vero re. Oggi sembra quasi frutto di rigurgiti monarchici della Chiesa. Ma state tranquilli nessun rigurgito. Dire che Cristo, un ebreo marginale, un ebreo qualunque, un falegname di Nazareth, un ebreo vissuto più di 2000 anni fa’, è re significa dire che è sovrano della mia vita, del mio cuore. Significa riconoscere che in lui e solo in lui ha senso il cammino della nostra vita. Significa dire che Gesù è il padrone della baracca! Cristo è un re «sui generis» però. Non ha un trono, ma finisce in croce; non ha uno scettro ma mani chiodate; invece di regnare, serve; e invece di trionfare, fallisce miseramente. Ma è un re, un re che si preoccupa di ciascuno di noi e che ci ritiene unici. Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci ha presentato il drammatico dialogo tra Ponzio Pilato e Gesù, prima che il Signore fosse condannato a morte. Un dialogo denso di significato che ci aiuta a comprendere in cosa consista la regalità di Cristo. Siamo nel contesto della passione secondo Giovanni (Cfr. Gv 18,1-19,37): le autorità religiose di Israele, dopo aver interrogato Gesù, lo hanno condotto nel pretorio, dove ha inizio il processo romano. Gesù e Pilato, uno di fronte all’altro. Sembra una rappresentazione teatrale. Due poteri che si contrappongono: uno, quello di Pilato, fonda la sua verità sulla forza e sulle armi, l’altro, quello di Gesù, si fonda sulla forza della verità. Il potere di Pilato sta nel trattare gli uomini come fossero cose e imponendo la supremazia, senza possibilità di rifiuto. Il potere di Dio, invece, sta nel non imporsi, ma nel proporsi, nella sua possibilità di essere rifiutato. Chi dei due esce vincitore da quel confronto? Apparentemente Pilato, ma duemila anni di Cristianesimo ci dicono che il Dio sconfitto sulla croce, non ha fallito. Pilato pone subito a Gesù l’unica domanda che gli preme come rappresentante del potere politico: «Tu sei il re dei Giudei?» (Gv 18,33). Ecco il capo di imputazione. Pilato conosceva, probabilmente, la speranza giudaica nella venuta di un re che avrebbe liberato con la forza Israele dal giogo romano. «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù» (Gv 18,36). Gesù sembra dire: «Tranquillo, Pilato, non ho eserciti, non so cosa sia la violenza, non passa da queste cose il mio Regno, è un regno che ha un’altra logica». «Dunque tu sei re?», chiede Pilato desideroso di sapere, tradendo forse un po’ di paura. Gesù non ha proprio l’aria di essere un re eppure così glielo avevano presentato come un facinoroso che si fa re. Forse Pilato vuole salvare Gesù, ma non perché gli importi qualcosa di lui, ma semplicemente per umiliare il Sinedrio e i capi religiosi di Israele. «Tu lo dici» (Gv 18,37). Mi fa impazzire questa risposta di Gesù. «Caro Pilato, cari tutti, siete liberi di crederlo o meno, io non mi voglio imporre». Il Cristianesimo è una proposta rifiutabile. Nulla a che vedere con «la proposta che non si può rifiutare» del Padrino. «Per dare testimonianza alla verità» (Gv 18,37). Gesù è la verità di Dio, non un concetto astratto, ma la rivelazione del disegno di salvezza e dell’amore, ma è anche la verità dell’uomo, perché ne rivela il valore, il senso, la vocazione. Abbiamo assistito a un processo oggi. Niente a che vedere con Forum di Rita Dalla Chiesa o robe simili che ci propinano in televisione. Abbiamo assistito al processo che Pilato ha condotto contro Gesù. L’accusato è anche il giudice. Un giudice che emette un verdetto che impone una presa di posizione. Dopo quel processo non c’è più spazio per la neutralità. Attenzione a una vita priva di senso, «senza infamia e senza lode» (Dante, Inferno, III, 35-36), in standby, né caldi, né freddi. Siamo chiamati a costruire succursali del Regno di Dio. Siamo chiamati a essere ambasciatori di un re ridicolo, forse, ma capace di vincere e stravincere. È vero che seguire un Dio che, per amore muore, non è semplice, ma è l’unico Dio per cui vale la pena vivere!


Trentaquattresima Domenica per Annum – Cristo Re

«Sei re?» (Gv 18,36).

Oggi è la festa di Cristo Re. Quindi Gesù è re? La cosa ci spiazza. È un re strano, senza un trono, finito inchiodato a una croce. Un perdente, ma non un fallito. Dobbiamo essere ambasciatori di un re che sarà pure ridicolo, ma è l’unico Dio per cui vale la pena vivere. Buona domenica.